Gli appalti pubblici devono garantire anche il conseguimento di vantaggi sociali.

L’articolo 5 della Legge 162/2021 stabilisce infatti che le Pubbliche amministrazioni «indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere».

In attuazione della normativa citata, l’articolo 46-bis del D.Lgs. 198/2006 (Codice per le pari opportunità), per favorire la valutazione dei requisiti, istituisce la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dalle aziende per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. 

In questo senso, il PNRR, tra le misure per il rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere, ha previsto alcuni correttivi al Codice dei contratti pubblici. 

In particolare ha inserito:

• il possesso della certificazione della parità di genere tra le condizioni per l’ottenimento della riduzione del 30 per cento dell’importo della garanzia provvisoria nei contratti di servizi e forniture;

• l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere tra le circostanze che consentono l’attribuzione di un maggior punteggio in sede di valutazione dell’offerta.

Sulla base di tali previsioni, le stazioni appaltanti devono indicare negli avvisi e nei bandi di gara i criteri premiali che intendono applicare con riferimento all’adozione, da parte dei partecipanti, di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, nonché le modalità di dimostrazione del requisito.

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