Codice di comportamento: i soggetti interessati
26 Maggio 2020La stretta relazione tra il codice di comportamento e il PTPCT, di cui abbiamo già accennato nel precedente articolo, viene ribadita dall'ANAC anche relativamente all'individuazione dei soggetti tenuti all'adozione e all'applicazione del codice di comportamento.
E' chiaro, infatti, che se risulta necessario garantire la correlazione tra i due strumenti ai fini di una corretta ed efficace strategia di prevenzione della corruzione, è altrettanto necessario ampliare la platea di destinatari a tutti i soggetti che, ai sensi della legge 190/2012, sono tenuti all'adozione del PTPCT o di misure di prevenzione della corruzione passiva.
Sono, dunque, soggetti all'adozione del codice di comportamento, sia gli enti e le amministrazioni di cui all'art. 54 del d.lgs. 165/2001, sia soggetti privati, enti pubblici economici e società in controllo pubblico (di cui all’art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013) tenuti ad adottare misure integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, incluse quelle che attengono ai doveri di comportamento. Vediamoli meglio nel dettaglio:
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amministrazioni pubbliche come definite dall'art. 1, c. 2-bis della legge 190/2012, comprese Autorità di sistema portuale e Ordini professionali;
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Autorità amministrative indipendenti, come individuate nella relazione illustrativa del decreto 25 maggio 2016, n. 97, e nella Delibera ANAC n. 1310 del 28 dicembre 2016;
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enti pubblici economici che hanno adottato il PTPCT o un documento unitario contenente le misure del “modello 231”;
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società in controllo pubblico ed enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, c. 2, del d.lgs. 33/2013 (e puntualmente individuate della Delibera 1134/2017 dell'Autorità), che, pur non essendo propriamente obbligate all'adozione di un codice di comportamento, devono comunque dedicare un'apposita sezione del MOG (o del PTPCT) ai doveri di comportamento;
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società partecipate ed enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, c. 3 del d.lgs. 33/2013, per i quali l'adozione di misure integrative del “modello 231” è facoltativa, ma, ove prevista, va riservata una sezione ai doveri di comportamento.
Relativamente, invece, ai soggetti che sono tenuti al rispetto delle indicazioni contenute nei codici di comportamento, possono così essere sintetizzati:
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dipendenti pubblici con contratto di lavoro di diritto privato, compresi i dirigenti, i titolari di incarichi dirigenziali anche temporanei, titolari di incarichi amministrativi di vertice comunque denominati, titolari di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche;
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dipendenti in regime di diritto pubblico, cui si applicano le disposizioni contenute nei codici di comportamento delle diverse amministrazioni di appartenenza;
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collaboratori e consulenti delle amministrazioni pubbliche, ai quali è, però, opportuno dedicare una sezione apposita del codice, in modo da facilitare l'esclusione da alcuni doveri e, al contempo, la previsione di doveri ulteriori, legati al tipo di prestazione;
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titolari di organi di indirizzo amministrativo, per i quali si consiglia di estendere gli obblighi di condotta previsti nel codice nazionale oppure adottare dei codici etici dedicati;
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commissari ed esperti nominati dal Prefetto.
Restano, quindi, esclusi dall'applicazione delle previsioni dei Codici di comportamento:
1- i Commissari straordinari nominati dal governo,
2- gli organi politici elettivi,
3- i Presidenti e i componenti degli organi di governo delle Autorità amministrative indipendenti.
Per i soggetti di cui ai punti 2 e 3, si consiglia comunque di dotarsi di un codice di condotta/etico proprio.
Continueremo, nei prossimi giorni, gli approfondimenti relativi ai codici di comportamento.
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